La povertà rappresenta una delle sfide più urgenti e complesse del nostro tempo, colpendo in maniera estrema circa 700 milioni di persone. Nonostante i progressi economici e tecnologici degli ultimi decenni che hanno aumentato le capacità di produzione, la distribuzione della ricchezza globale rimane estremamente disomogenea. Ne derivano profonde disparità sociali ed economiche. Questa ineguaglianza non solo limita le opportunità individuali, ma ostacola anche lo sviluppo sostenibile e la stabilità globale. Proviamo allora a fare il punto basandoci su documenti, studi e report che trattano questa delicatissima tematica. Pur consci che le risposte non saranno univoche né definitive, in questo articolo vedremo come l’analisi di queste fonti in realtà indica un quadro piuttosto chiaro, come anche possibili soluzioni.
Indice
Introduzione
Diminuire la povertà nel mondo
Diminuire la povertà nel mondo richiede indubbiamente sforzi globali, poiché è un problema di entità globale. Essa perpetua cicli di svantaggio individuali e collettivi, oltre che ledere pesantemente la dignità umana e non essere conforme alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (DUDU), il cui Articolo 1 recita:
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Questo passaggio è importante perché, seppur non abbia un valore legale vincolante, la DUDU ha ispirato le fondamenta del diritto internazionale delineando principi cardine a tutela della dignità e dei diritti umani, adottati successivamente in trattati e legislazioni nazionali.
Il ruolo di una distribuzione più equa della ricchezza mondiale

Fonte infografica: Our World in Data
In un articolo del 2024 Oxfam rivela che l’1% più ricco della popolazione mondiale possiede una quota di ricchezza maggiore rispetto al 95% più povero. Al contrario, metà della popolazione mondiale ha meno dell’1% della ricchezza globale. Questo squilibrio estremo è il risultato di sistemi economici e fiscali che favoriscono l’accumulo di ricchezza per pochi. Le disuguaglianze nell’accesso all’istruzione, alla sanità e alle opportunità economiche amplificano ulteriormente questa disparità, rendendo difficile per le persone meno fortunate migliorare la propria situazione economica. Tale condizione si traduce inesorabilmente in una importante limitazione della qualità della vita, come si evince dal grafico sopra. Tuttavia, questa situazione sarebbe migliorabile. La Banca Mondiale ha evidenziato nel suo report del 2022 che una riduzione delle disuguaglianze è in grado di accelerare significativamente la diminuzione della povertà: una riduzione dell’1% nell’indice di Gini* può portare a una diminuzione della povertà fino al 4%.
*Nota: l’indice di Gini è una misura statistica della disuguaglianza nella distribuzione di reddito o ricchezza.
Gli effetti su ricchezza e povertà della pandemia COVID-19
Purtroppo, negli ultimi anni si è invece registrata una ulteriore e crescente tendenza alla disuguaglianza. Dal rapporto di Oxfam del 2022, si apprende che il numero di miliardari è cresciuto di 573 unità rispetto al 2020, raggiungendo un totale di 2.668. Durante il periodo pandemico, questo incremento ha rappresentato un aumento reale di 3.780 miliardi di dollari a favore dei super ricchi. Inoltre, secondo lo Human Development Index la pandemia COVID-19 ha invertito anni di progressi, aggiungendo milioni di persone alla fascia di povertà estrema, in particolare, proprio in quelle zone del mondo già ridotte all’osso.
Stato attuale della povertà globale
Dalla povertà estrema al divario del PIL pro capite
Le stime della Banca Mondiale indicano che ammonta al 9% la fascia della popolazione mondiale che versa in condizioni di estrema povertà, ovvero che vive con meno di 2,15 dollari al giorno. Le zone più colpite sono Africa subsahariana e Asia meridionale. Dal World Economic Outlook Database si possono estrapolare informazioni sui PIL nazionali da cui si apprende che la nazione in condizione di maggiore difficoltà è il Burundi. Quest’ultimo ha un PIL pro capite estremamente basso. Per darci una misura, quando si considera la parità di potere d’acquisto il PIL pro capite dell’Italia ($46.019) è circa 59 volte superiore a quello del Burundi ($782).
Cause profonde della disparità economica
Le cause profonde della disparità economica sono molteplici e interconnesse. In prima linea troviamo l’eredità storica del colonialismo che ha portato allo sfruttamento delle risorse naturali e umane in molte regioni, creando iniquità persistenti e contrasti tutt’ora incisive nelle relazioni internazionali. Si sommano la corruzione e la cattiva governance che limitano lo sviluppo economico; secondo le Nazioni Unite, la corruzione costa all’economia globale circa 2,6 trilioni di dollari all’anno, il ché, già di per sé, ci fa pensare a quanto sia fondamentale che emerga una cultura incentrata sul reciproco rispetto, sul senso di equità e sulla giustizia a livello globale. Ma andiamo avanti. Sempre tra le cause della disparità economica troviamo la mancanza di accesso all’istruzione; ad esempio, circa 258 milioni di bambini nel mondo non frequentano la scuola (dati UNESCO). Inoltre, le disuguaglianze nei sistemi commerciali globali favoriscono i paesi sviluppati poiché questi già si trovano in una posizione di maggiore forza e possibilità. Infine, i cambiamenti climatici colpiscono più duramente le nazioni più povere dato che hanno meno risorse economiche, tecnologiche e infrastrutturali per adattarsi e mitigare i loro effetti devastanti.
Meccanismi e politiche per una distribuzione più equa
Bene. Ammesso che si possa fare qualcosa per migliorare la situazione (principalmente, è una forte volontà condivisa a livello internazionale a dover emergere per smuovere le acque), quali sono i mezzi per attenuare gradualmente il grave divario nella ricchezza globale?
Strumenti per ridistribuire la ricchezza mondiale
La ridistribuzione della ricchezza mondiale può essere attuata attraverso vari mezzi. Vediamoli:
- Tassazione progressiva: secondo il report Tax Policy Reforms 2022 dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), la tassazione progressiva, in cui le aliquote fiscali aumentano con il reddito, permette ai governi di raccogliere più risorse dai più ricchi per finanziare servizi pubblici essenziali.
- Rafforzamento dei sistemi di welfare: UNDP evidenzia in Rapporto sullo Sviluppo Umano 2021/2022 che potenziare i sistemi di welfare offre reti di sicurezza sociale come sussidi di disoccupazione, assistenza sanitaria universale e istruzione gratuita, contribuendo a ridurre le disuguaglianze.
- Politiche sul salario minimo e sostegno al lavoro dignitoso: l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sottolinea in Global Wage Report 2020–21 che implementare politiche efficaci sul salario minimo e promuovere il lavoro dignitoso aiuta a ridurre le disuguaglianze salariali e migliora le condizioni di vita dei lavoratori.
- Accordi internazionali contro l’evasione fiscale: secondo l’OCSE in Base Erosion and Profit Shifting, gli accordi internazionali possono combattere l’evasione fiscale e promuovere la trasparenza finanziaria, assicurando che le multinazionali paghino la giusta quota di tasse nei paesi in cui operano.
- Investimenti nello sviluppo sostenibile dei paesi poveri: come indicato dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, investire nello sviluppo sostenibile dei paesi meno sviluppati può favorire una crescita economica inclusiva e ridurre le disparità globali, migliorando le infrastrutture locali e garantendo un maggiore accesso all’istruzione e ai beni essenziali per la vita.
Ipotesi di utilizzo del reddito di base universale nella lotta alla povertà
Sempre nel Human Development Report 2021/2022, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo esplora rischi e potenzialità del reddito di base universale, una ulteriore misura che potrebbe venirci in soccorso, la quale prevede un trasferimento monetario incondizionato a tutti i cittadini. Si tratta di una proposta molto dibattuta nel contesto pubblico. I sostenitori, tra cui l’ONU, sostengono che garantirebbe sicurezza economica, ridurrebbe la povertà estrema e promuoverebbe l’inclusione sociale. Tuttavia, i critici mettono in guardia sul rischio che possa disincentivare il lavoro, ridurre la produttività e risultare insostenibile sul piano finanziario nel lungo termine. Pur senza entrare nel merito del dibattito, si può ipotizzare che questa misura possa essere efficace in contesti ben pianificati, come strumento temporaneo complementare a politiche attive del lavoro e sistemi di welfare robusti, soprattutto in paesi con adeguate risorse economiche.
Il ruolo delle organizzazioni internazionali e dei governi
Facciamo ora una panoramica delle principali iniziative a livello globale, nate per contrastare le iniquità globali, portate avanti da governi e ONG.
Iniziative globali per una migliore distribuzione delle risorse
Diversi programmi internazionali, già in essere, promuovono una distribuzione più equa delle risorse. Qui ne citiamo solo alcuni per ragioni di sintesi (l’articolo è già molto denso), ma non si intende affermare che siano gli unici o necessariamente i più importanti in assoluto. I programmi internazionali qui riportati sono stati selezionati in base al loro impatto e ruolo.
L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, per esempio, mira a ridurre le disuguaglianze attraverso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile – di cui abbiamo parlato in precedenza – come l’accesso universale all’istruzione e alla sanità. Il Programma Alimentare Mondiale (WFP) combatte la fame, mentre l’OCSE sostiene politiche fiscali trasparenti e lotta all’evasione fiscale globale. Inoltre, il Fondo Monetario Internazionale lavora per garantire un accesso equo ai finanziamenti per lo sviluppo economico nei paesi poveri. Si può affermare che la forza di tali iniziative è significativa, ma spesso limitata da fattori strutturali legati alle attuali falle della cooperazione internazionale.
Cooperazione internazionale: falle e punti di sviluppo
La cooperazione internazionale è spesso ostacolata da interessi geopolitici e dalla mancanza di coordinamento. Non di rado, i Paesi donatori subordinano gli aiuti economici ai propri obiettivi strategici, creando squilibri nell’allocazione delle risorse. Inoltre, la frammentazione tra governi, organizzazioni internazionali e ONG può portare a sovrapposizioni o lacune nei progetti.
Il problema di base, è che manca l’affermarsi di un senso di unità tra esseri umani e con ciò non si è ancora elaborato un vero e proprio Piano Internazionale condiviso per Contrastare le Iniquità. Il grado di diffidenza, le logiche competitive capitaliste e l’ideale delle nazioni come super-potenze, rappresentano una falla del pensiero collettivo che spesso impedisce di agire seguendo un approccio sistemico coordinato.
Sfide nella ridistribuzione della ricchezza mondiale

Entriamo ancora un po’ più nel merito del discorso delle resistenze alla cooperazione globale, approfondendo il problema del consenso politico nelle democrazie basate sui meccanismi del liberismo economico.
Resistenze politiche ed economiche alla ridistribuzione
La ridistribuzione della ricchezza incontra forti resistenze politiche ed economiche. I governi temono di perdere consenso imponendo tasse più alte alle fasce di reddito elevate, mentre le élite economiche esercitano pressioni per mantenere lo status quo. A livello internazionale, la competizione tra stati ostacola accordi su tassazione globale e trasparenza fiscale. Un esempio è l’opposizione alla Global Minimum Tax dell’OCSE, progettata per tassare le multinazionali almeno al 15%, bloccata inizialmente da paesi come l’Ungheria e l’Irlanda, che temevano di perdere vantaggi competitivi come hub fiscali.
Rischi potenziali e come mitigarli
La ridistribuzione della ricchezza comporta rischi come la fuga di capitali e la disincentivazione agli investimenti, che a loro volta creano svantaggi ai Paesi che li subiscono, soprattutto per quanto concerne le industrie e la produttività. Un precedente che illustra tali dinamiche è la tassa del 75% sui redditi superiori a 1 milione di euro, introdotta in Francia nel 2012 dal governo Hollande, che ha spinto molte persone benestanti a trasferirsi all’estero portando con sé capitali e talvolta anche aziende. Per mitigare tali rischi, l’OCSE propone accordi internazionali come la già citata Global Minimum Tax, così da evitare la concorrenza fiscale tra stati.
Soluzioni innovative per combattere la povertà
L’evoluzione tecnologica ci fornisce strumenti e risorse che possono venirci in soccorso per intraprendere percorsi di maggiore equità sociale. Esploriamo questi aspetti.
Tecnologia e innovazione sociale al servizio della distribuzione equa
Le piattaforme digitali, come i sistemi di pagamento mobile, migliorano l’accesso ai servizi finanziari nei paesi in via di sviluppo, dimostrando il potenziale della tecnologia nel favorire i processi di inclusività. Tuttavia, uno dei rischi più temuti rispetto alla digitalizzazione è che la tecnologia può trasformarsi potenzialmente in un “guinzaglio digitale”, soprattutto quando non normata correttamente. In questo contesto, la blockchain (registro digitale decentralizzato e sicuro) rappresenta un’alternativa innovativa, decentralizzando il controllo e garantendo maggiore trasparenza nelle transazioni.
Parallelamente, anche l’innovazione sociale gioca un ruolo cruciale. Un esempio emblematico è il Grameen Bank in Bangladesh, che utilizza il microcredito per fornire piccoli prestiti a basso interesse, aiutando le comunità più povere ad avviare attività economiche e migliorare le loro condizioni di vita.
Modelli economici sostenibili per eliminare la povertà
I modelli economici sostenibili mirano a ridurre la povertà promuovendo crescita inclusiva e rispetto per l’ambiente. Tra questi, l’economia circolare riduce sprechi e crea opportunità lavorative attraverso il riuso e il riciclo. L’economia sociale supporta iniziative locali, come cooperative e imprese sociali, che reinvestono i profitti nella comunità. Inoltre, la promozione di politiche di transizione energetica giusta favorisce lo sviluppo economico nei paesi poveri, favorendo un accesso più equo alle risorse.
Case study: paesi che hanno ridotto la povertà attraverso la ridistribuzione
Paesi come la Norvegia e la Nuova Zelanda offrono esempi concreti di come una gestione oculata delle risorse possa contribuire a ridurre le disuguaglianze, ma sottolineano anche la necessità di adattare tali politiche alle specificità di ciascun paese. Vediamoli.
Il caso della Norvegia e del suo Fondo Sovrano
La Norvegia, grazie al suo Fondo Sovrano, ha dimostrato come una gestione trasparente e sostenibile dei ricavi petroliferi possa trasformarsi in un efficace strumento di redistribuzione della ricchezza. Questo fondo è il più grande al mondo, con un valore di mercato che ha superato i 1.500 miliardi di euro nel 2024. Nel primo semestre del 2024, il fondo ha registrato un rendimento dell’8,6%, equivalente a circa 126 miliardi di euro, grazie principalmente alla crescita dei mercati azionari.
Il Fondo Sovrano non solo garantisce investimenti in welfare, ma funge anche da riserva economica per le generazioni future perché gli investimenti che prevede sono progettati per essere sostenibili nel lungo termine, preservando il capitale e generando rendimenti che possono essere utilizzati anche in futuro. L’approccio norvegese può essere replicabile in quanto anche paesi senza risorse naturali possono creare fondi sovrani, o riserve strategiche, investendo surplus derivanti da settori come turismo, tecnologia, o esportazioni, destinandoli a scopi sociali o a stabilizzare l’economia in caso di crisi.
Il caso della Nuova Zelanda e del Wellbeing Budget
La Nuova Zelanda, con il suo Wellbeing Budget, rappresenta invece un esempio di politiche mirate al benessere sociale come fulcro della pianificazione economica destinando fondi a salute, istruzione e abitazioni. L’approccio neozelandese, che integra nei processi decisionali politici indicatori di benessere umano qualitativi (che quindi vanno ben oltre il “quantitativo” PIL), ha portato a risultati positivi posizionando la Nuova Zelanda tra quei luoghi al mondo che vantano un’ottima qualità di vita. Ad esempio, il Wellbeing Budget del 2019 ha stanziato 1,9 miliardi di dollari neozelandesi per la salute mentale. Inoltre, il Wellbeing Budget del 2023 ha destinato 1,2 miliardi di dollari neozelandesi per estendere le 20 ore gratuite di educazione prescolare ai bambini di due anni, migliorando l’accesso all’istruzione per le famiglie.
Tuttavia, per completezza di informazione, va detto che il bilancio del 2024 ha evidenziato difficoltà nel mantenere gli stessi livelli di investimento a causa delle pressioni economiche globali.
Conclusione
Siamo dunque giunti alla conclusione di questa disanima che ci ha condotti attraverso la scoperta dell’attuale scenario di distribuzione delle ricchezze globali e delle misure già in essere per cercare di attenuare la forbice ricchezza/povertà. Abbiamo anche provato a inquadrare i limiti di tali misure e i problemi strutturali e sistemici che ne bloccano in parte l’efficacia. Torniamo allora alla nostra domanda guida, abbozzando una risposta quanto possibilmente verisimile.
È possibile eliminare la povertà con una migliore distribuzione della ricchezza mondiale?
Da quanto abbiamo appreso, con le dovute cautele possiamo affermare che ridistribuire equamente la ricchezza mondiale non eliminerebbe probabilmente del tutto la povertà, ma potrebbe ridurla drasticamente. Abbiamo visto che garantire accesso universale a beni primari come cibo, acqua, istruzione e sanità è un obiettivo raggiungibile con politiche fiscali globali, welfare inclusivo e trasparenza economica.
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